L'Accettazione Della Realtà, scritto nel 2006

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Veden_Kuu_Henki
view post Posted on 2/10/2008, 21:53




Intendo ora mettere per esteso una serie di considerazioni nate prima di tutto osservando un mio personale difetto, ovvero la costruzione di un (inutile) mondo immaginario come scappatoia da una realtà che non accetto pienamente.

Come me, credo che molte persone si trovino nella medesima situazione. anche se con comportamenti differenti sia costruttivi che non. Considero come comportamenti di rifiuto della realtà:

a ) Reazioni ribelli/distruttive;

b ) Fantasticheria;

c ) Indifferenza;

d ) Accettazione forzata.


a ) La reazione ribelle/distruttiva, le cui conseguenze sono messe in rilievo sia dai telegiornali che nella vita ordinaria, mira all’eliminazione di un sistema nel quale l’individuo non si sente a proprio agio, senza però una finalità idealistica da perseguire. Questo comportamento è molto diffuso nei giovani (ma non solo) e in situazioni sociali, ad esempio in politica. Ciò che si ottiene è la distruzione di quello che non piace, ma la mancanza di ideali porta comunque ad un ripetersi infinito di ribellione perché nulla sembra mai andare bene. Lo sfogo è esterno ed immediato, e sovente si parte dal presupposto (magari inconscio) che sia proprio il sistema che deve badare a noi scordando però che anche noi siamo integrati nel sistema stesso.

b ) Nel caso di persone forse più introverse o che normalmente non dimostrano aggressività, una porta d’uscita può essere rappresentata dalla fantasticheria. Essa crea un mondo immaginario, nel quale ci si rifugia ogni volta che la realtà reca una delusione, portando però l’individuo ben lontano dalla soluzione del problema. La responsabilità degli avvenimenti viene completamente travasata nel momento in cui ci si trasforma in artefici del mondo illusorio. Molto spesso questo genere di reazione è scaturita da un senso di impotenza nei confronti dell’esterno, ma nella realtà parallela si prova un piacevole senso di superiorità. Ma più si vola in alto, più se si cade ci si fa male, e così male fa il ritorno al concreto che nel frattempo si aveva accantonato.

c ) Un tipo di reazione che si può considerare quasi una “non-reazione” è l’indifferenza (perlomeno apparente) verso ciò che succede attorno. Molte volte essa è accompagnata anche da un’inerzia nello svolgere un lavoro di crescita e nel coltivare i propri pensieri – l’esatto opposto della fantasticheria. – e porta l’individuo ad una totale passività. Il senso di impotenza viene celato dietro una maschera che può sembrare erroneamente una grande forza d’animo. Il soggetto però non accetta veramente la realtà, e alla rimozione dell’oggettività verso il negativo consegue anche una rimozione verso lo stesso costruttivo utile per la crescita individuale.

d ) Un’ultima attitudine da esaminare è l’accettazione forzata, ovvero la continua giustificazione ad un adattamento apparente. Ciò implica che l’individuo evita di ragionare sulle proprie qualità e sulla realtà esterna per riuscire a trovare dei punti in comune sui quali lavorare. Questo sfocia molte volte in un’esagerata attinenza alle “regole”, per quanto sbagliate esse siano, trasformando i dogmi sociali in principi morali e precludendo sé stessi ad una corretta e sincera autoconoscenza e ad un atteggiamento critico nei confronti del mondo in cui si vive.

Credo che il giusto modo di porsi di fronte alla realtà sia per la maggior parte soggettivo, tuttavia ci sono dei punti cardine fondamentali da prendere in esame per sviluppare la base del percorso individuale, ovvero:

- Capire sé stessi (visione soggettiva);

- Capire la realtà (visione oggettiva);

- Integrare sé stessi nella realtà oggettiva.

L’osservazione della propria persona in modo analitico e critico aiuta prima di tutto a comprendere ciò che portiamo dentro, liberi da interpretazioni soggettive, come uno spettatore potrebbe fare davanti ad un film. La realtà esterna, in questo modo, può essere vista come una ripresa di cui noi stessi siamo protagonisti – naturalmente anche questo scenario dovrebbe essere interpretato al di là di considerazioni mosse da sentimenti, impressioni personali, ecc. E’ proprio in questo modo che, valutando le proprie aspirazioni e le qualità (diverse in ogni soggetto) è possibile essere più consapevoli circa quale strada costruirsi ed intraprendere per migliorare, utilizzando gli elementi concreti che vengono offerti dalla realtà oggettiva.

Durante ogni percorso si presentano spesso degli ostacoli, che in questo caso possono verificarsi come cambiamenti tangibili o percepiti dal mondo esterno – circostanze che cambiano poiché l’individuo stesso cambia. Noto che molte persone, di per sé in grado di migliorare, non appena si accorgono di non aver più “feeling” con ambienti o gruppi nei quali si sono sempre sentiti a proprio agio, preferiscono tornare indietro ad una sicurezza (per quanto scomoda essa sia) spaventati dal futuro di cui intravedono poco o nulla. E’ il caso, per esempio, degli “eterni bambini” che si sentono salvi in un passato che fanno in modo di mantenere sempre presente, quasi fosse un tranquillo e indisturbato utero materno. In questo modo però il comportamento di rifiuto non solo di conserva, ma trova nella paura stessa un costante alimento.

Un altro dilemma che si può presentare è l’improvvisa incapacità di dare una priorità alle cose. Se cambia la realtà esterna (o la visione di essa), per forza di cose cambiano anche le priorità individuali. E’ importante in questo caso discernere gli obiettivi “fissi” da quelli “temporanei”, prestando attenzione al fatto che considerare fondamentale qualcosa di precario conduce spesso fuori strada.


(c) Veden_Kuu_Henki
 
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